pagnotta per ammacucenà

Un sogno diventato realtà: il Pagnotta RistoPub di Liliana e Michele per cuoc@ nostrom@ di marzo

Per Cuco@ Nostrom@ di marzo, ho avuto l’onore e il piacere di intervistare in una videochiamata Lille-Procida Liliana Assante Del Leccese che mi ha raccontato di come lei e suo marito Michele Spinelli hanno progettato e realizzato il ristopub Pagnotta, per loro un vero sogno nel cassetto. Non conoscevo Liliana, ma mi hanno molto colpita i valori che lei e Michele portano avanti nella loro cucina: umanità, attenzione per il territorio e soprattutto autenticità. Li condivido pienamente e vi invito a scoprirli tra le righe della nostra chiacchierata.

Cucenellista: Puoi parlarmi un po’ di come è nato il progetto Pagnotta? Chi ci lavora? Come vi organizzate? 

Liliana: Diciamo che il progetto Pagnotta è un sogno mio e di mio marito, di quando ci siamo incontrati 20 anni fa. Però, quando poi siamo riusciti a realizzarlo, ci è venuto tutto il mondo contro: noi abbiamo aperto nel 2018, a dicembre, quindi poi è arrivata la pandemia, adesso ci si è messo pure Putin… Eh vabbuò… Stiamo cercando di riprenderci. Ci lavoriamo io, mio marito e poi ci sono tre ragazzi che stanno con noi da quando abbiamo aperto.

C: Perfetto, quindi un’apertura relativamente recente… 

L:  Sì, sulla carta siamo aperti già da tre anni, ma il periodo effettivo di lavoro corrisponde sì e no a un anno.

C: Da dove nasce il nome Pagnotta?

L: “Pagnotta” è il nomignolo che mi dava mio suocero quando era con noi.

C: Nella vostra cucina c’è un’idea di ibridità molto forte, che viene già dal nome “Pagnotta RistoPub”, ma anche dall’apertura verso cucine di altri posti. Da dove viene questa apertura e in cosa per voi questo può essere un punto di forza?

Foto by @Paola Scuotto

L: Allora, il nostro punto di forza è la qualità del prodotto, quello è indiscusso, perché le carni comunque vengono acquistate tramite Elem e Jolanda De Colò che sono proprio il top della catena. Poi, per il pesce, qui siamo circondati dalle pescherie e quello è un punto di forza ancora più evidente. A noi, soprattutto a mio marito (è lui lo chef) piace la tradizione, però ci stiamo aprendo anche all’innovazione.  Per farti un esempio sulla tradizione, quest’inverno siamo riusciti a far mangiare “a menesta ammaretata”, un piatto tipico della cucina napoletana, anche ai ragazzi, giovani e giovanissimi e ne sono rimasti veramente entusiasti. Quindi diciamo che il progetto va, stiamo riuscendo, ma è la sorte che ci rema un po’ contro.

C: Bisogna essere effettivamente molto tenaci… Io vivo per la maggior parte del tempo in Francia, però quando negli ultimi anni ho passato periodi a Procida, soprattutto d’estate, ho assaggiato varie cose vostre: le alici ndurate e fritte per esempio, veramente notevoli devo dire.

L: Grazie! Poi come idea di pub, noi abbiamo uno, massimo due panini di carne sul menù, poi tutti gli altri sono di pesce, perché ci sembra più giusto valorizzare il nostro prodotto rispetto a una cosa che ci appartiene poco. 

Panino con alici dorate e fritte – Foto by @Paola Scuotto

C: Ho notato sui vostri menù anche la presenza molto forte del baccalà. La passione per il baccalà da dove viene? Che tipo di ricerche fate per proporlo, quali ricette preparate con questo pesce e quali sono le più apprezzate?

L: Sul baccalà all’inizio noi eravamo un po’ scettici, poi abbiamo un gruppo di amici un po’ più grandicelli di noi che lo amano particolarmente e abbiamo proposto queste “serate baccalà” che hanno avuto un grosso successo. Visto che funzionano bene siamo alla continua ricerca di ricette e preparazioni a base di baccalà. Lo proponiamo in varie versioni: crudo, marinato, sotto forma di polpette… È un prodotto che va molto, sia tra giovani che meno giovani. 

C: L’ho trovata una cosa originale, perché non sono molti i ristoranti che propongono serate a tema baccalà, quindi è una cosa che mi aveva colpita perecchio.

L: Grazie! 

C: Voi avete proposto anche panini con nomi di zone procidane. Com’è il vostro legame col territorio e come cercate di esprimerlo nella vostra cucina?

L: Come ripeto, noi usiamo molto il prodotto locale, dalle verdure – i carciofi, oppure a casa coltiviamo i pomodori d’estate – al pesce. Siamo veramente legati al territorio, pensa che nel nostro locale c’è un pannello dove sono rappresentati un po’ tutti i posti caratteristici di Procida. Poi ci sembrava giusto omaggiare quest’isola in passato sempre un po’ discriminata…. E poi adesso ci ha pensato anche lo Stato, insomma, ci ha blasonato e speriamo che non è un boomerang, perché non siamo pronti, nel senso che noi non sappiamo fare il turismo imprenditoriale: il nostro è un turismo più casareccio, casalingo, un po’ più umano, diciamo. Non siamo da turismo imprenditoriale e ora penso che ci stanno chiedendo quello…. Speriamo bene.  

C: Che posto hanno i dolci nella vostra cucina? Come scegliete quelli da proporre nel menù?

L: I dolci hanno un posto importantissimo nei nostri menù innanzitutto perché li facciamo tutti noi (mio marito e la ragazza che ci aiuta). A dire il vero li scegliamo seguendo un po’ il nostro gusto personale. Il dolce che va per la maggiore è la cassatina, un vero cavallo di battaglia che mio marito ha portato in tutti i ristoranti in cui ha lavorato e poi il tiramisù che, diciamo, è un “dolce sbagliato”… Ci è uscita questa crema buonissima, che somiglia molto a quella del tiramisù  ed è venuto fuori questo tiramisù che va fortissimo.

C: In che senso “sbagliato”?

Tiramisù “sbagliato” – Foto by @Paola Scuotto

L: Dovevamo fare una mousse e invece è venuta fuori una crema sofficissima col cioccolato bianco, buonissima! Poi è un tiramisù che non dà problemi, perché il mascarpone può crearne, l’uovo deve essere pastorizzato, invece il nostro non crea nessun problema.

C: Perfetto, molto interessante, dovrò assaggiarlo! Qual è il vostro piatto procidano che va più forte e secondo voi perché?

L: Il nostro piatto forte è lo spaghetto con i ricci: il riccio era un prodotto nostro, purtroppo i ricci sono stati saccheggiati e se ne trovano veramente pochi e a detta del cliente, Michele, mio marito, che è lo chef, li valorizza tanto e lo spaghetto ha sempre un grande successo. Stamattina abbiamo recuperato due barattoli di ricci e siamo veramente soddisfatti di questo..

C: Immagino, perché poi non è una cosa che potete mettere sempre nel menù, dipende anche dalla disponibilità/reperibilità…

L: Esatto…

C: Invece qual è il vostro piatto più gettonato inventato oppure di un’altra cucina e secondo voi perché?

L: I nostri piatti più gettonati sono quelli a base di pesce fresco, poi il nostro cliente si sta aprendo anche ad assaggiare carni che sono poco usuali nella nostra cucina, tipo la lepre, il cinghiale, il cervo… E questi piatti stanno funzionando, perché ormai si parla di cucina da tutte le parti, anche in chiesa tra poco [ride e rido anch’io] e quindi questo crea curiosità e interesse e il cliente è aperto alla novità: poi decide se gli piace oppure no, ma c’è apertura, curiosità.

C: Secondo voi quali caratteristiche deve avere un ristorante per essere apprezzato e per funzionare bene soprattutto nel contesto procidano?

L: Deve essere un ristorante sincero, con piatti che devono dire sempre la verità e deve essere un prodotto di eccellenza, perché io ho due ragazzi di 16 anni e se il prodotto non è eccellente, sono i primi a criticarmelo. Penso che ora il cliente, grazie a tutta questa pubblicità sulla cucina, è preparato e quindi il prodotto deve essere sempre una spanna in più rispetto agli altri per avere successo, altrimenti non si va da nessuna parte. Anche per questo noi ci rifiutiamo di fare i menù turistici, non vogliamo fare gruppi a 18-20 euro perché non possiamo mettergli nulla nel piatto, soprattutto in questo periodo, di questo passo neanche più la pasta, quindi… Poco, ma buono.

C: Ho capito, quindi già c’è un lavoro di squadra all’interno della famiglia per selezionare i prodotti…

L: Sì, è così!

C: Qual è l’espressione procidana a cui siete maggiormente legati? Un’espressione che ricorre spesso tra di voi, pure non necessariamente legata alla cucina

L: Ce ne sono tante… Una che fa ridere tanto è “N’uocchio uarda a vatta e n’uocchio uarda a’lice”* [ride] Ce ne sono moltissime, usiamo tantissimo i proverbi e i detti…

C: Quindi “n’uocchio uarda a vatta e n’uocchio uarda a’lice” è tipo…

L: Che devi fare due cose contemporaneamente [ride, rido anch’io]

C: Molto bella questa espressione! A cosa vi fa pensare invece l’espressione Amma Cucenà? 

L: “Amma cucenà” lo diciamo due volte al giorno quando dobbiamo mangiare “c’amma cucenà?” [ride] Mangiare è uno dei privilegi dell’essere umano. 

C: Per finire, una canzone che associate ai momenti di cucina? Poi la metto sotto l’intervista… Mi dicono di tutto, quindi scegliete con grande libertà

L: Ce ne sono tante… Quindi… “Michele! [rivolta al marito], che canzone sentiamo quando cucini?” Forse una di Pino Daniele, mio marito ama Pino Daniele!

C: Dovendo sceglierne una?

L:  Je so’ pazzo

“N’uocchio uarda a vatta e n’uocchio uarda a’lice”*: con un occhio guarda il gatto e con l’altro l’alice (fare due cose contemporaneamente, fare attenzione all’alice perché il gatto potrebbe mangiarla).

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*