camomilla amma cucenà

La camomilla della nonna, aspettando l’estate

Quando iniziava a fare caldo e si poteva stare fuori, soprattutto se c’era un po’ di sole, se mi recavo da lei per una visita, trovavo spesso a nonna seduta al tavolo esterno alla casa dei mie zii – dove abitava – affaccendata in operazioni lente, precise, quasi meditative. A nonna sta ricenn’u Rusèno, commentava mia madre se mi accompagnava in quelle improvvisate pomeridiane. In realtà, la madre di mia madre, in quei pomeriggi di passaggio dalla primavera all’estate, non diceva il Rosario, o almeno, non quello che intendiamo leggendo questa parola. Non c’era nessuna croce ad avvicinarsi man mano alle mani laboriose e pazienti della nonna. Non c’erano palline a sfilare tra le sue dita callose di tanti anni di cucina e agricoltura, ma misteri riappacificanti di fiori di camomilla appena colti, da essiccare, filtrare e trasformare in tisana per le sere in cui le nuvole sui pensieri avrebbero annunciato notti agitate.

Selezione dei fiori di camomilla – Foto by mamma Letizia

La nonna era spesso dedita a pulire le cozze, togliere i gambi dai chiapparieddi o anche – rullo macabro di tamburo – a torcere il collo dei colombi. 

Ritornando ai fiori magici che fanno dimenticare pure il collo dei colombi “Chist’è nu male canisciuto”, diceva a nonna per rassicurare gli sguardi interrogativi dei primi dolori mestruali “pìgliete nu poco i cammumilla”*, consigliava.

E la camomilla, in un barattolo ben avvolto in vestiti e altre imbottiture di valigie improvvisate è una presenza che non si improvvisa, c’è sempre: nelle giornate e nelle sere di mali canisciuti, per alleviarli, o per stirare pensieri stropicciati come lenzuola fresche di lavatrice. La camomilla. Quella camomilla, o almeno, come soleva confezionarla lei una volta, dai campi al tavolo, dalle sue mani, all’aria di maggio, fino al barattolo di vetro. La camomilla, per me e anche per l’ospite di passaggio. Un rito da condividere, ricordare e che fa ricordare semp’a nonna, nelle sue faccende piene di piacienza affaccendata.

Per annunciare la raccolta della camomilla la nonna diceva “Santa Restituta, quaglie e tortore so’ fernute e a fava s’è arrennùta”**, cioè, non si può aspettare oltre il giorno di Santa Restituta, il 17 maggio, per raccogliere i fiori di camomilla e avviare la preparazione della benefica tisana, perché poi si sarebbero “arresi” come le fave.

Camomilla da filtrare – Foto by mamma Letizia

Ma vediamo come preparare la camomilla, dalla raccolta all’essiccazione.

Preparazione

Raccogliere i fiori di camomilla, idealmente a maggio ed entro il 17. Ripulirli dagli steli e dalle erbacce e disporli distesi in una cesta o in una teglia foderata di carta forno o carta argentata e ricoperta con una zanzariera o un velo, per proteggerli da eventuali insetti. Lasciarli all’aria, in un luogo asciutto, ma non al sole, per una decina di giorni. Dopo il termine stabilito, prendere i fiori ormai secchi, diventati di un colore giallo/beige e filtrarli con una scolapasta: bisogna ottenere una polverina un po’ spessa e più o meno omogenea.

Camomilla filtrata – Foto by mamma Letizia

Possono capitarvi resti di petali un po’ più grandi rispetto alla polverina e questo non è un problema, saranno filtrati al momento della preparazione della tisana con l’acqua bollente. Mettere il composto ottenuto in barattoli di vetro e scrivervi la data del giorno del confezionamento. Non buttare via gli scarti dei fiori filtrati perché potranno essere usati per degli impacchi.

pìgliete nu poco i cammumilla”* : prenditi un po’ di camomilla

Santa Restituta, quaglie e tortore so’ fernute e a fava s’è arrennùta”**: Santa Restituta, quaglie e tortore sono finite e le fave stanno per seccarsi.

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