polipo sullo scoglio - salvatore lauro amma cucenà

Procida e Ischia, tradizione e voglia di mettersi sempre in gioco: intervista a Salvatore Lauro, cuoc@ nostrom@ di novembre

Per cuoc@ nostrom@ di novembre sono rimasta in famiglia e ho avuto il piacere e l’onore di intervistare Salvatore Lauro. Vi invito a leggere la nostra bella chiacchierata costellata di piacevoli divagazioni su ricordi mutui della Solchiaro dei nostri avi.

Cucenellista: Mi puoi raccontare come ti sei appassionato alla cucina e qual è stato il tuo percorso per diventare chef?

Salvatore: Allora, io vengo da una famiglia di cuochi: mia mamma era prima cuoca dilettante e poi professionista e mio padre era un cuoco. Poi, non avevo voglia di andare a scuola, mi ci avevano iscritto e tutto, ma io a scuola non ci sono mai andato. A 12 anni iniziai ad andare insieme a mio padre in cucina e così ho iniziato ad appassionarmi al mestiere di cuoco. Negli anni ‘80, la cucina non era come oggi e io andavo a lavorare per lavorare, ma la svolta per me è stata negli anni 2000, con l’avvento delle nuove tecnologie e delle nuove attrezzature. Però la passione per la cucina ce l’ho da sempre, da quando ero piccolo, ho lasciato un posto fisso per fare il cuoco.

C: In cosa la tua famiglia procidana ha potuto influenzare questa scelta?

S: Mio padre partì da Procida, da Solchiaro, negli anni ‘60, per venire a Ischia da lavapiatti. Poi, piano piano, piano piano, ha fatto tutta la gavetta e negli anni ‘80 è diventato chef nell’ albergo dove lavorava da 25 anni. Pensa che è andato in pensione come chef di cucina e ancora oggi la gente lo ricorda come persona… Io lo dico sempre: chi viene da Procida ha un cuore in più. 

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Uno dei piatti di Salvatore Lauro – Foto by @Salvatore Lauro

C: E tua mamma, invece?

S: Per mia mamma il legame con la cucina è nato per caso, perché lei negli anni ‘70, per portare qualche soldo in più in casa, ebbe l’occasione di andare a lavorare in una mensa di operai, poi la ditta è andata via, verso l’’82-’83 e ha trovato un albergo (una pensioncina) dov’è rimasta vent’anni e ancora oggi, al suo onomastico, al suo compleanno, la figlia della signora (che oggi non c’è più) le manda sempre gli auguri e si ricorda sempre della Signora Carmela. Poi, tu lo sai, mamma ha cresciuto tanti bambini a casa, che venivano a pranzo, come pure chi veniva a scuola da Procida a Ischia e rimaneva bloccato se non passavano i traghetti per il maltempo, la porta a casa di mia madre era sempre aperta. 

C: Sì, mi ricordo di quando rimanevamo da lei, ma anche di quando venivate a Procida per Natale e lei faceva la pizza di scarole formato fagottino, ne ho parlato pure nel libro, che per i bambini erano più sfiziosi…

S: Sì, poi c’era Giuseppe che ne mangiava anche il giorno dopo a colazione. Figurati che li ho preparati ieri sera in albergo e pensavo al fatto che le cose piccole restano più impresse. Se mi vieni a trovare a Ischia ti faccio vedere la cucina che faccio, tutta cucina monoporzione: per esempio, sono ormai 10 anni che non faccio più una torta grande, faccio tutto mignon. Faccio questo perché oggi è poca la gente che va ai buffet per abbuffarsi: oggi quando andiamo a fare una cena o un aperitivo prendiamo tutte cose piccole, perché vogliamo provare un po’ di tutto. Ad esempio, ieri sera ho fatto 3 tipi di pizza: pizza di scarola fritta, la focaccia normale, alta, col pomodoro e la montanara fritta, tutte mignon, poi sono venuti giù a dirmi “chef, fai meno pasta perché la gente già è piena”. Adesso la gente apprezza gli sfizi.

C: Tra Ischia e Procida si parla spesso, talvolta anche in modo scherzoso, di rivalità. In cosa, invece, secondo te e soprattutto nella cucina, queste isole si assomigliano e potrebbero mettere da parte la rivalità per collaborare?

S: Tra Ischia e Procida abbiamo un po’ gli stessi prodotti, Ischia però ha la montagna in più. Io, come cucina, sono più legato a Procida, il pesce più buono l’ho sempre mangiato a Procida, il coniglio è comune alle due isole. Ischia è famosa in tutto il mondo per i suoi funghi, soprattutto per il suo porcino, perché tu sai, Ischia è una terra vulcanica e tutti i prodotti “vulcanici” hanno un sapore diverso dagli altri. Lo stesso vale per il pomodoro di piennolo del Vesuvio, che è diverso per esempio da quello di Salerno perché Salerno non è una terra vulcanica. Io direi che Procida in questo momento, su tante cose ci ha superato: sulla qualità ad esempio o sull’accoglienza del cliente. Da un’isola di pescatori quale era, Procida oggi è cambiata e sta sviluppando un turismo culturale, già da qualche anno, non un turismo di massa. Il turista che va a Procida ci va per rilassarsi e poi ci resta pure. Il turista di questo tipo, qua non viene ad agosto, non viene a luglio, viene in questo periodo qua. Prima, ti ricordi, Ischia riceveva un turista particolare, si iniziava ad accogliere turisti dal 1° aprile e fino al 30 ottobre, oggi non c’è più questo tipo di turismo. Quest’anno proprio, abbiamo avuto un’affluenza di turismo di massa, disordinato: un tipo di turismo che prima si vedeva solo dal 10 al 20 agosto, oggi invece si vede dal 15 luglio al 30 agosto. 

C: E per creare un’alleanza tra le due cucine, ci dovrebbe essere uno scambio di prodotti?

S: Ci sta lo scambio di prodotti, si collabora. Pensa che la prima chef di Procida lavora a Ischia, in un albergo 5 stelle, sarebbe Libera Iovine, che abita vicino a me. Quindi sì, ci sono scambi tra le due isole.

Nel mese di settembre avevo fatto un convegno sui ricci di mare al ristorante dell’albergo e  dei clienti ci chiesero il baccalà alla procidana (patate, olive e capperi). Dall’avanzo di quel baccalà ho fatto una pasta, ho detto “direttò, mo faccio due linguine, ci consoliamo!” e lui “e proviamo!”. A mezzanotte ho fatto uscire questo piatto di pasta che è piaciuto molto e ho detto che potevamo metterlo nel menù, magari con altri tipi di pasta e nacquero i “fusilli alla Corricella”: ho screpolato il baccalà avanzato e ho dato questo nome per ricordare che alla Corricella ci sta il pesce e la gente ha risposto, ha detto “è buono!”

Stasera, ad esempio, tengo la pasta e patate alla procidana: patate, capperi, olive, pomodoro…. praticamente la classica pasta e patate, ma al posto della provola ho messo capperi e olive. Poi sto facendo una ricerca di prodotti antichi di Procida e Ischia, perché quando vado a gareggiare, gareggio sempre per le mie due isole, quando cucino non cerco prodotti che vengono da lontano, ma sempre prodotti “poveri” delle mie isole. 

Faccio parte di un gruppo che si chiama Campania Felix, che valorizza i prodotti del territorio.

Andando a parlare con dei cugini di tuo padre di Buonopane e confrontando con dei ricordi pure di mio padre, a Buonopane/Fontana esisteva un pomodoro giallo tardivo che a Procida piantavano pure tuo padre e zia Maria, lo mettevano all’incontrario nelle viti per l’inverno, quando tuo padre zappava a ottobre… Un pomodoro duro con cui si faceva pane e pomodoro… Aveva un sapore unico! Noi a Procida il pomodoro giallo l’ammo sempe mangiato, come pure pasta e cicerchie, a Procida l’abbiamo sempre mangiata…

C: Sì, mio padre le cicerchie le aveva pure coltivate un periodo!  

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Trofie con crema di cicerchie, polodorino giallo e scarola – Piatto e foto by @Salvatore Lauro

S: Oggi io faccio girare un piatto, soprattutto nelle fiere: si tratta di trofie con crema di cicerchie, pomodorino giallo e scarola, tutti ingredienti poveri del nostro territorio.Poi faccio

il croccante con le nocciole, che sono sempre nostre, dell’isola. Quindi questi sono i prodotti… Comprare un salmone o comprare un pesce che non è nostro non ha senso. Io scelgo sempre o la triglia, o il merluzzetto di paranza o la cicarella: a Ferragosto ad esempio ho fatto la pasta per i clienti con le cicarelle, non ho messo gli astici, perché gli astici non hanno un sapore di qua, voglio seguire sempre un percorso nostro. Oggi, con le attrezzature che abbiamo a disposizione il pesce povero o la materia prima povera in generale viene valorizzata. Ieri sera per un compleanno ho proposto “faccio una spaghettata o fagioli con le cotiche?” hanno scelto i fagioli con le cotiche e la zuppiera è arrivata vuota in cucina. Adesso vicino a me ho una busta di cotiche che devo lavorare, me le hanno regalate, prima si buttavano, invece ora sono pregiate perché la gente sta riscoprendo i sapori antichi e le cotiche oggi se le vuoi le devi prenotare.

Noi siamo nati in un periodo di consumismo, ma venendo da Solchiaro, la genuinità dei prodotti l’abbiamo sempre avuta a portata di mano, con zio Silverio, tuo padre e tutti. Oggi, i bambini “a bistecca, a bistecca, a bistecca”… Io sto scoprendo dei pezzi di carne che neanche il macellaio aveva prima, li macinava, perché non si vendevano, tipo pezzi duri. Oggi la cucina è fatta da cose povere…

C: Sì poi per la carne penso pure alla liatina..

S: Sì, noi la liatina l’abbiamo sempre fatta a Procida, pure tuo padre e io la faccio in albergo a volte. Oggi, nel mondo moderno la liatina che cos”è? A Simmental [ride]…

C: [rido] Non c’è paragone…

S: È carne in gelatina… Noi la facevamo con carne, orecchie e tutto, poi mettevamo la tracchiulella, la guancia, tutti i pezzi più buoni. Oggi chi vuole scoprire i prodotti, se cerca, li trova. A Ischia non vado a mangiare in un ristorante da due anni… Quando vado al ristorante, qui, vado in montagna, non vado a mangiare pesce, ma un po’ di carne o le cose sfiziose come la parmigiana di melanzane. A volte mi mancano i sapori di Procida, i sapori delle nostre nonne, dei nostri genitori, che non ci sono più perché oggi c’è un problema di consumismo… Io vedo pure la gente che vive fuori come te e che poi torna a casa, i gusti di una volta se li ricorda. Ad esempio, fuori da zia Maria, dove poi ci stava pure casa di mia nonna, te ricuorde a pianta r’olme?

C: Sì! Comme! Certo che mi ricordo!

S: Io quella pianta la tengo impressa da bambino, ci faceva ombra d’estate e d’inverno era spoglia e ce n’erano pochissime a Procida: quella, poi un’altra giù da tua nonna a “boss”. A Ischia io queste piante non le ho mai trovate…

C: Sì ma io è da quel cortile che non ne vedo più…

S: Invece il mese scorso ne ho trovate in un negozio a Napoli, si chiamano le giuggiole. Mo fanno l’acqua di giuggiole e tutto, ma quelli sono sapori antichi…

C: Sì, poi le bottiglie di pomodori di quel cortile…

S: Sì, poi c’è un’altra cosa, che non so se ti ricordi: zi’ Filuccio, in un pezzo di terreno dietro al muretto del cortile di casa di mia nonna, coltivava le angurie, che però erano di un verde chiaro, non scure come adesso. Pure il melone coltivava zi’ Filuccio e quando ce lo portava era una festa, perché era un prodotto della terra. Poi per mantenere l’anguria in fresco ti ricordi come facevano?

C: Sì, re mettevano rent’a piscina! (Piscina si intende cisterna tra le mura domestiche) [rido]

S: Brava, rent’a piscina! Per chi ha vissuto il periodo sono cose belle della vita!

C: E certo, sono cose bellissime!

S: Pure i bagni che si facevano all’epoca ad esempio, io mi ricordo che scendevo al Punticieddo con pantaloncino e ciabatte… Mo’ per andare al mare uno si porta 3000 cose, se mette u costume Louis Vitton… Dal Punticiello ci manco dall’87, che nostalgia. Come pure un altro posto dove vorrei tornare è Ventotene…

C: Eh sì, merita molto!

S: Tu da quanto ci manchi?

C: Ci sono stata a settembre con mia mamma, sto cercando di tornarci ogni anno…

S: Io ci manco dall’89 e forse c’eri pure tu, andai a fare gli ultimi giorni di Santa Candida. Che poi quell’anno venne cattivo tempo e gli aliscafi per tornare non partirono e rimanemmo un giorno in più e vedemmo la vera Ventotene: nun ce steve nisciuno. Andai in una salumeria e chiesi: “signora, per favore 2 litri di latte” “avete ordinato?” “No” “Latte non ce ne sta”.

C: E se tu dovessi pensare a un menù per mettere in risalto le due isole, quindi Ischia e Procida, cosa proporresti?

S: Allora, per mettere in risalto le due isole oggi proporrei un antipasto a base di mare, tipo un polipo a bassa cottura con delle patate di Solchiaro, perché Solchiaro ha una terra più asciutta. Poi come primo sempre una linguina o uno spaghetto con le cicarelle, poi proporrei il coniglio per Ischia e un dolce ischitano, quindi il migliaccio. A Procida come dolce vero e proprio abbiamo la lingua.

C: U casatiéddo re Pasche…

S: Sì, però quello è più un prodotto stagionale…Come dolce di Procida io uno in realtà l’ho già fatto, che sono le crostatine con crema di limone di Procida: faccio una crema al limone dove invece del latte uso l’acqua minerale, poi aggiungo la buccia e il succo di limone e la maizena. Poi questa crema la metto nella pasta frolla, si tratta di un dolce povero molto buono. In varii menù metto in risalto i prodotti di Ischia e Procida a chilometro 0.

Poi, un altro ricordo che ho di Procida, riguarda la buonanima di mio padre che a febbraio/marzo andava a comprare la scarola di parula a via Rivoli, a scarola bianca pe’ fa a ‘nzalata perché la trovava più buona. E io oggi con questa scarola ci faccio un antipasto che chiamo “scarola torciuta sullo scoglio” che non è altro che un impasto di pizza fritta molto idratata, dentro ci sto mettendo o il nero di seppia o il carbone vegetale per dare l’idea dello scoglio, la friggo e la lascio venire come viene, sotto la taglio e sopra ci metto la scarola “torciuta” d’estate e d’inverno ci metto i friarielli, faccio il friariello sullo scoglio. (in copertina, “Polipo sullo scoglio”, foto di Salvatore Lauro)

C: Come si chiama? “Scarola torciuta”?

S: Sì, è un piatto a base di scarola con prodotti della campagna: d’estate ci metto i pomodori gialli, olive, capperi, anche la melanzana. D’inverno, sostituisco i prodotti citati con i sottoli. È un piatto che a Ischia si faceva, soprattutto a Buonopane, come pasto di mattinata . Pe’ fa a marenna in mattinata per gli operai a Procida, invece, mio padre mi diceva che si facevano i fagioli cotti sul pane secco, con un po’ d’olio: pane, olio e acqua di fagioli, non c’era colazione più buona!

C: Mio padre mi raccontava pure ra cola re stocco come piatto di mezza mattinata…

S: Per la coda di stocco a Ischia a me m’hanno pigliato sempre in giro: “che ti mangi a cola re stocco? Papà fino agli ultimi giorni della sua vita, fino all’inverno prima chiamava a Procida e diceva “Silvè, Angiolè me purtete nu pare re cole re stocco?”    

Papà le metteva a bagno prima, poi le metteva nelle bustine e se le congelava. Quando la sera teneva fame diceva “Carmelì stasera che ne mangiammo?” “Tu che buo mangià?” “Na bella cola re stocco”. Pigliava la bustina dal frigorifero, roie pummarole del piennolo, un po’ d’aglio, un po’ d’acqua, ci metteva il pane secco e papà si sentiva un signore…. 

C: Sì, sì pure a mio padre piaceva assai…   

S: Oggi, un altro prodotto che abbiamo rivalutato è il baccalà…

C: Io ho abitato in Portogallo, quindi là m’hanno fatto magnà baccalà per 365 giorni ..

S: Oggi pure da noi è diventato un piatto importante. Come pure l’aringa, a Procida se venneva, comme pure a ‘lice salata

C: A lice salata mio padre l’ha sempre fatta

S: Chi viene dalle tradizioni, lo sa, ma chi viene da una casa “moderna” può dire “che schifo, che puzza”, comme pure si uno cucina a trippa, possono dire “che schifo, che puzza”. Po’ se vann’a accattà a trippa rent’a buatta già bell’e fatta. 

I prodotti dei nostri campi, solo chi ci ha vissuto nei campi li capisce a fondo. Qua il sabato fanno un mercato della Coldiretti e uno la vede la differenza tra quei prodotti là e quelli di supermercato, oggi ad esempio aggi’accattato una busta di cachissi, spendi una cosa in più al chilo, però sono più buoni. Pure le pummarole, a pummarola a Ischia ancora ci sta in questo periodo e cambia il sapore rispetto a un pomodoro di un altro posto. Pure a pummarola di Ischia è diversa da quella di Procida.

C: Sì, il sapore cambia pure di zona in zona: a pummarola di Solchiaro è diversa ra chéra ra Chiauledda per esempio…

S: Primma, era ‘na festa acc’a nonna a fa re butteglie re pummarola.

C: Eh sì

S: Oggi non più, oggi “passata!” [ride]

C: Tu fai parte della Federazione Italiana Cuochi: in cosa questo tipo di enti può arricchire l’esperienza e la formazione di uno chef?

Salvatore Lauro - Cuoc@ Nostrom@ amma cucenà
Salvatore Lauro a Ischia Ponte – Foto by @Antonio Rando

S: Allora, io faccio parte della federazione italiana cuochi da 35 anni. Per un periodo l’ho dovuta lasciare e ci sono ritornato 6 anni fa. In questi ultimi 6 anni, lavorando in una struttura alberghiera per 23 anni mi ero un po’ fermato a livello di evoluzione nel lavoro, perché non vedevo intorno a me cosa girava. Quando ho cambiato albergo nel 2015 e sono ritornato a Ischia come comune, ho visto dei piatti dei ristoranti degli alberghi che mi hanno fatto capire che stavo cento anni luce indietro e quindi ho dovuto iniziare a fare un percorso per rimettermi di nuovo in carreggiata, affidandomi anche a conoscenze che avevo fatto durante vari anni a Napoli. La Federazione Cuochi mi ha dato l’opportunità di conoscere gente di tutto il mondo, chef stellati. Il 24 novembre sarò a Vico Equense da Gennaro Esposito a fare un corso. Un corso di Gennaro Esposito costa 500 euro e me l’hanno regalato per il mio onomastico. A fine febbraio sarò a Battipaglia con Moggi, non so se ne hai mai sentito parlare, è famoso per il pane. Io fino all’anno scorso facevo la pizza in albergo usando 1kg di farina, 600 g di acqua, 20 g di lievito e tutto e vedevo che la gente non rispondeva più alla mia pizza: tutto l’inverno, grazie alla federazione, grazie a dei pizzaioli napoletani che ho conosciuto, mi sono messo e ho aggiornato il mio modo di fare la pizza. Oggi le farine sono cambiate, prima ti potevo dire “Valè, accatteme nu chilo re farina”, oggi, si ia accattà nu chilo di farina, ce vo’ u vocabolario perché un mulino fa 15 farine, allora devi leggere vicino alla confezione a cosa serve quella farina, a che serve questo, a che serve quell’altro… La Federazione su questo mi ha aiutato. Mi sono preso due giorni di riposo lunedì e martedì per fare 2 corsi, uno lunedì sulla lavorazione del panettone di Natale e martedì sui piatti della ristorazione moderna. Sono corsi per cui la gente di Ischia mi critica “eh, vaie a Napule a spenne 50 euro per ghi a fa nu corso? Pecché, ‘ncòpp a internet non puoi vedere?” gli chef, ncòpp a internet, non ti fanno vedere tutto e tanti video sono di chef improvvisati, li fanno solo per prendersi i follower e i like. Se dovessi tornare indietro rifarei la strada della Federazione, poi, dopo 30 anni di Federazione, quest’anno, il 16 dicembre, finalmente andrò a ritirare il premio a Roma, a palazzo Chigi, al parlamento italiano per i 25 anni di carriera onestamente svolti. Ogni due anni la Federazione premia un tot di chef della Campania, quest’anno da Ischia ne siamo stati scelti due, io e un altro ragazzo con cui ci conosciamo da 30 anni e con cui ho sempre collaborato. Andremo a prendere il premio insieme.

C: Bella questa cosa!

S: Poi, faccio parte di un gruppo composto da 350 persone effettive che, quando c’è una calamità in Italia (terremoti, maremoti, frane) dove c’è bisogno di una cucina da campo, là andiamo noi, siamo addestrati per quello. 

Quando c’è stato il terremoto a Ischia, a Casamicciola nel 2017, mi hanno chiamato i miei responsabili nazionali da Roma dicendo “Salvatore, domani dobbiamo venire a Ischia? Com’è la situazione” io da Ischia comune avevo sentito solo la scossa e non potevo valutare la gravità della situazione e dissi datemi tempo per andare a vedere. Andai a vedere, poi per complicazioni burocratiche locali non potemmo intervenire lì con le nostre cucine da campo. Però, quando poi quando ho chiesto aiuto a dicembre di quell’anno perché volli organizzare una cena solidale in mezzo alla strada per racimolare un po’ di soldi per i bambini, figli dei terremotati, questo gruppo è subito venuto a Ischia e abbiamo raccolto cifre importanti: una volta 2000 euro, pensando che era cattivo tempo. Poi, nell’ottobre del 2018 sono tornati ad aiutarmi per un’iniziativa dello stesso tipo e raccogliemmo 12.000 euro, per poi tornare di nuovo a Natale e raccogliere un’altra somma importante. Quindi noi facciamo la raccolta di fondi e la doniamo. Da questo gruppo è nato un campionato, “il campionato italiano di emergenza” che si svolge a Riva del Garda e io adesso sono campione in carica uscente e a febbraio devo rigareggiare per confermarmi o per passare il testimone a qualcun altro. Con questa iniziativa ho conosciuto tanta gente, tanti modi nuovi di pensare che stando sempre su un’isola noi non capiamo… Tu che hai lasciato Procida, penso 20 anni fa?

C: Eh sì, io la prima volta che mi sono allontanata da Procida (e dall’Italia) per un lungo periodo è stata nel 2000…

corso Salvatore Lauro
Attestato per la partecipazione al corso per la rivalutazione del pesce povero – Foto by @Salvatore Lauro

S: Tu che hai lasciato Procida 20 anni fa, sei più aperta. Lo dico sempre alla mia compagna, che tu e tuo fratello siete andati via da Procida in un periodo in cui nessuno credeva che fosse possibile allontanarsi, poi tante persone hanno cominciato ad andare via, anche da Ischia. Io se potessi andrei via, fuori, oppure oggi sarei disposto anche a tornare a Procida, perché Procida non è più quella degli anni 70 che ha lasciato mio padre. Ad esempio, alla Corricella, sai a quanti anni ci sono andato per la prima volta? Quando avevo 20 anni, per poi ritornarci quando ci hanno girato Il Postino, questo per dire che noi quando eravamo bambini dicevamo “Wua giù alla Corricella, che posto malfamato”… Oggi la Corricella sta invece diventando un posto alla moda. Come pure, quando dicevo agli amici che mi chiedevano “Wua arò sté re casa, ncòppe Succéro??

C: E comme ci arrivi? [rido]

S: Esatto, ti ricordi? [ride] Primma l’unica casa  ncòppe Succéro era quella ra nonna Maria

C: Po’ ce steve pure a casa re Tutina e pure Paulieddo.

S: Sì, poi arrivarono i Lepre che dovevano usare il generatore di corrente, pecché for a ponta non ci stava corrente…

C: Sì è vero  

S: Oggi invece ci sono tutti i vantaggi, ma nessuno sembra essere contento. Poi, ritornando alla Federazione, sto portando il discorso Street Food a livello nazionale e adesso stiamo pensando a un panino che leghi le mie tradizioni e volevo proporre tipo una Zingara…

C: Sì, la Zingara è tipica soprattutto di Ischia…

S: Esatto, togliendo il prosciutto e sostituendolo con un pesce povero, tipo pesce bandiera o pesce serra o lampuga affumicati e con provola, perché alla fine a Ischia il formaggio si fa, a Procida associamo il pesce. Un altro elemento è la sostituzione della maionese con una maionese di cicerchie (sarebbe l’hummus di oggi): quindi non sono uscito dal mio territorio. 

C: A cosa ti fa pensare l’espressione “Amma cucenà”?

S: È un modo di dire procidano, che mi ricordo usava spesso tuo padre, tipo quando erano le 11h del mattino “amma cucenà? Amma mangià?” A Procida i vecchi contadini di Solchiaro a mezzogiorno mangiavano e tuo padre, zi’ Filuccio, zi Giusuppino che tu non hai conosciuto, quando tornavano alle 11h dalla terra, dai campi di Solchiaro per loro già era finita la giornata quasi, perché erano andati nell’orto alle 5h del mattino e quando tornavano dalle donne esclamavano “Amma cucenà? Amma mangià?” Perché poi erano stanchi e dopo mangiato dovevano riposare. 

C: [rido] Che poi cucinavano le nonne, le donne…. Per finire, una canzone che associ ai momenti di cucina, che poi metterò alla fine sotto l’intervista.

S: Allora a me piacciono tutte le canzoni di Lucio Dalla, ad esempio “qui dove il mare luccica”, quindi “Caruso”…

C: Ok allò ce mettimmo “Caruso”!

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