spaghetti con le patelle ammacucenà

Sapori di scoglio, profumo di mare: spaghetti con le patelle

Non si comprano e non si trovano sui menù dei ristoranti. A Procida, per mangiare le patelle, bisogna andare a raccoglierle, staccandole accuratamente dagli scogli. Oppure si possono ricevere come graditissimo regalo o in cambio di ortaggi barattati. Bisogna però rispettare delle regole e quantità ben precise per raccoglierle e seguire le normative che ne controllano la pesca, variabili da regione a regione.

Patella al Pozzo Vecchio Procida - ammacucena
Esempio di patelle attaccate allo scoglio. Per staccarle si consiglia di usare un coltello completamente metallico dalla lama sottile e resistente e aspettare che siano bagnate dalla marea. Per una questione di “comodità”, questa foto è stata scattata sulle rocce della spiaggia del Pozzo Vecchio e non nei luoghi citati qui di seguito, da dove provengono le patelle usate per la ricetta – Foto by @cucenellista

È tassativamente vietato, quindi, armarsi di sappetiedd e rattà tutt a muntagn*. Lo spaghetto con le patelle dev’essere come quelle processioni cha vanno per mare ogni 4 anni**: un evento.

A Solchiaro, a Procida, le diverse baiette e insenature rocciose della punta sono sempre state luoghi propizi alla raccolta di questo delizioso mollusco.  

U Punticiedd, a Punticedd, u Caravugn, Sott o Chiappariedd, For a pont r Succer, arò sta a tavul ru re, oppure Sott a Clonn, o let r’Isch, ‘nta Chiaiozz***: sono tutti posti della zona in cui si possono trovare le patelle.

tavola del re solchiaro - ammacucenà
A Tavul ru Re (vedere origine del nome di questo luogo in nota) – Foto by @cucenellista

Soprattutto u Punticiedd è il luogo dei miei ricordi di bambina e adolescente. Si tratta della piccola baia dove sia io che mio fratello, insieme a cugini e cugine, abbiamo imparato veramente a nuotare. Prima con un bracciolo solo, poi con le pinne, poi senza alcun supporto. La Controra**** obbligava i bambini a dormire nelle ore più calde della giornata, ma noi la beffavamo al mare, ammirando con una maschera l’esplosione di colori ru pettin e u lezzrrin*****, sorridendo per la goffagine ra pittarozz o ra vavos****** tra le acque cristalline accarezzate dal maestrale pomeridiano di quel nostro piccolo porto sicuro. Se passavano le navi al largo, soprattutto quelle da crociera, per evitare di farsi sballottare e addirittura ferire dalla violenza delle onde non si poteva tentennare sulla riva. O ci si doveva riparare sugli scogli, all’asciutto, o in mezzo al mare. Non erano ammesse vie di mezzo.

Quando andavamo al Punticiedd di mattina, tra cugini inventavamo gare marine ispirandoci anche alle imprese dei ‘Giochi senza frontiere’ delle estati anni ‘80 in tv. Andava molto soprattutto la base conquistata: si facevano due squadre, con 4-5 componenti ciascuna e si occupavano 2 scogli opposti. Vinceva la squadra che riusciva a far cadere in acqua tutti i componenti della fazione avversaria e conquistare lo scoglio. 

U Punticiedd baia Solchiaro Procida - Ammacucenà
U Punticiedd, dove si intravede uno degli scogli, ricoperto d’acqua e di alghe e molto scivoloso, usato per giocare a base conquistata – Foto by @cucenellista

Se si alzava lo sguardo verso le rive tra u Punticiedd e a Punticedd o tra u Punticiedd e u Chiappariedd, non era difficile scorgere un personaggio costante e tenace, che faceva praticamente parte del paesaggio e di cui si distinguevano soprattutto il costume intero nero e il cappellino bianco: una concentratissima zi’ Nannin che esplorava la roccia bagnata armata di un coltello metallico alla ricerca r cozzc e patedd*******. 

Le prime estati dell’adolescenza, le ho passate invece a giocare a sette si schiaccia e a chiammat ‘ncopp a Punticedd con le ragazzine e ragazzini del quartiere. Si prendeva il sole sul cocuzzolo dello scoglio e si scendeva poi a giocare con i piedi nell’acqua.

A Punticedd: In prospettiva, in fondo alla foto c’è Punta Pizzaco, poi a Punticedd. Si prendeva il sole proprio sul picco della roccia e si giocava invece sullo scoglio ricoperto d’acqua (in prospettiva visiva, prima di Punta Pizzaco) – Foto by @cucenellista

Eravamo tutti come rancetieddi********, esperti camminatori su quelle superfici irregolari. Quando si giocava alla chiammat, ognuno si tuffava in acqua chiamando per nome la persona che doveva tuffarsi a seguire. Chi rimaneva per ultimo doveva gridare “ciucc a mar”*********. Il ciuccio e il mare ru Punticiedd, fanno affiorare i ricordi d’infanzia di mia madre… Come diceva don Gaetano nel film ‘Così parlò Bellavista’ “E’ pummarol aumentan e o ciucc s stanc ‘ncopp a sagliuta”**********. Prima di concedersi un bagno mattutino, mia madre, i fratelli e le sorelle dovevano aiutare il padre a spingere la carretta ‘ngopp a sagghiut r Cioff************, perché l’asino non ce la faceva a trainarla, visto che all’epoca il percorso non era asfaltato e i rischi di rimanere incastrati nelle buche accidentate della strada erano alti. La carretta carica di pummarol, cucuzziedd, ciur r cucuzziedd, puparuliedd*************, pere e patate da vendere per le strade dell’isola era trainata dal ciuccio guidato a piedi dall’uomo. I comandi erano “Aahhh” per far muovere l’animale e “Iiihhhhh” per farlo fermare. La banda di ragazzini spingeva il veicolo a fatica. Quando finalmente la carretta poteva percorrere facilmente la discesa e scomparire dietro la curva, tutt r criatur************** esultavano improvvisando una danza liberatoria fatta di saltelli e giravolte: evviva! si poteva andare al mare al Punticiedd! Era d’obbligo il passaggio da casa a recuperare maschere e coltelli per andare a raccogliere cozzc e patedd e con un po’ di fortuna c putev ascì pur nu bellu pulptiedd***************.

Ponticello, punticiedd spaghetti con le patelle - ammacucena
La vista arrivando sul Punticiedd, con le palette r fucurin (fichi d’India) – Foto by @cucenellista

Questi bambini erano però cenerentoli diurni: a mezzogiorno dovevano stare tutti a tavola. Se l’orario non veniva rispettato, il padre si affacciava da dietro alle fucurine, n’copp**************** o Punticiedd per richiamare all’ordine la ciurma dei piccoli bagnanti.    

Negli ultimi anni, di cozze se ne trovano davvero poche su quegli scogli e ci si può sfiziare, ma con estrema moderazione, solo nella raccolta di una manciata patelle (bisogna fare attenzione alle restrizioni che proteggono il mollusco).

patelle - pasta con le patelle ammacucenà
Patelle prima di essere risciacquate con acqua corrente – Foto by @cucenellista

Non si può dire, quindi, ca i scuogghie r Procid, nn fann patedd****************.

Mi piacciono le assonanze tra le isole e grazie a due storiche amicizie, mi è capitato di mangiare patelle anche sulle isole portoghesi di Madeira e Porto Santo. Lapas, le chiamano da quelle parti. Chapeau chinois (cappelli cinesi), come direbbero i francisi. Lì si pescano talvolta per professione e si trovano anche in commercio, nei mercati, supermercati e nelle pescherie.

Loro le cucinano col burro e il limone. 

lapas, patelle dell'oceano Atlantico - ammacucena
Lapas (patelle) sul banco pescheria del mercato municipale di Funchal, a Madeira, in Portogallo. Rimasi molto colpita dalla dimensione, si tratta di patelle raccolte nei fondali delle due isole dell’arcipelago – Foto by @cucenellista, scattata nel 2011

Io propongo invece una ricetta di sughetto per spaghetti. 

Ingredienti per 4 persone

  • 300 g di patelle
  • 6-7 pomodori datterini
  • 4 cucchiai di olio EVO
  • 2 dita di vino bianco
  • Prezzemolo
  • Sale q.b
  • Pepe o peperoncino a piacere
  • 500 g di spaghetti 

Procedimento

Lavare per bene le patelle passandole sotto acqua corrente ed eliminando alghe e incrostazioni sulla conchiglia. Versare il vino in una padella antiaderente e farlo leggermente evaporare.

Le patelle in padella, con le due dita di vino bianco – Foto bi @cucenellista

Aggiungere le patelle e cuocerle solo 1-2 minuti, il tempo che si stacchino facilmente dal guscio senza però diventare callose. Pulire le patelle togliendo la parte nera (ci si può aiutare con lo stesso guscio della patella, usandolo come se fosse cucchiaino).

Come togliere la parte nera dalle patelle, utilizzando una conchiglia vuota – Foto by @cucenellista

Lasciare alcune patelle con guscio per la decorazione finale del piatto. Filtrare con un passino e mettere da parte il guazzetto col vino, lasciandolo in un bicchiere, e le patelle, versandole in una ciotola.

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Il filtraggio del guazzetto con un passino – Foto by @cucenellista

In un’altra padella, preparare un sughetto con l’olio EVO, lo spicchio d’aglio e i pomodorini. Quando questo sughetto è pronto, cuocere la pasta.

Pomodorini datterini, ideali per sughetti a base di pesce e frutti di mare – Foto by @cucenellista

Aggiungere il guazzetto con le patelle sgusciate quando il sughetto di pomodorini è pronto. Scolare la pasta e conservare un po’ d’acqua di cottura da usare eventualmente se con l’aggiunta del sugo la pasta risulta ancora troppo asciutta.

spaghetti con le patelle - amma cucenà ammacucena
Spaghetti con le patelle pronti per essere serviti – Foto by @cucenellista

Mescolare gli spaghetti al sughetto con le patelle, fare una bella spolverata di pepe, decorare con ciuffetti di prezzemolo e con le patelle col guscio. Se gradito, il pepe può essere sostituito con peperoncino. Gli spaghetti sono pronti per essere serviti.Vi manget mo, po’ scurdetavill e aspettet nent quatt enn p vi mangià nanta vont******************. Buon appetito.

Come accompagnamento musicale di questa ricetta e del rispettivo racconto, propongo una bellissima versione di Michelemmà, eseguita da un’eccellenza musicale procidana: il Coro polifonico di San Leonardo. Si tratta di un’antica canzone napoletana, risalente presumibilmente al XVII secolo, la cui autoria è attribuita per tradizione, e non senza qualche reticenza, a Salvator Rosa. Pare che Michelemmà parli di una ragazza. Un’altra ipotesi -quella che personalmente preferisco-, è quella secondo cui la canzone non parla di una ragazza bensì di un’isola: Ischia. Per approfondimenti, consiglio di consultare questo post del forum Pulcinella2091, oppure Italianopera (che propone anche una traduzione italiana del testo). Questa canzone è spesso sottofondo delle serate di Sagra del mare a Procida e l’associo sempre alle acque dell’isola, anche se si presume parli di Ischia.

Sappetiedd e rattà tutt a muntagn* è vietato armarsi di zappetta per scorticare tutta la roccia togliendo quante più patelle possibili. 

Processioni cha vanno per mare ogni 4 anni**: ci sono processioni, a Procida, in cui la statua viene portata per mare ogni 4 anni. Mi ricordo, ad esempio, la processione della Madonna della Libera che seguiva questo percorso ogni 4 anni. Poi c’era anche la statua di San Francesco di Paola (la si può ammirare nella chiesetta di San Rocco, di fronte alle scalette per la Corricella) che veniva portata in processione per mare ogni 4 anni: era davvero un evento. Ricordo di aver visto questa processione di San Francesco solo una volta, quando ero molto piccola, dal balcone della madre di uno zio che abitava alla Corricella.

U Punticiedd, a Punticedd, u Caravugn, Sott o Chiappariedd, For a pont r Succer, arò sta a tavul ru re, oppure Sott a Clonn, o let r’Isch, ‘nta Chiaiozz***: si tratta di insenature e piccole baie di Punta Solchiaro (Succer). In ordine di apparizione, se si viene dalla strada Panoramica, il Carbonchio (u Caravugn), la Ponticella (a Punticedd) il Ponticello (U Punticiedd). “Sott o Chiappariedd”, rocce sotto una grande pianta di capperi, prima di arrivare alla punta (sempre lato Procida). La punta si divide in “let r Procid”, che guarda alla Terra Murata e “Let r’Isch” (lato di Ischia), da cui si può ammirare Ischia. “For a pont” è l’estremità di punta Solchiaro, dove si trova “a tavul ru re”, la tavola del re. A tavul ru re sono praticamente i resti perimetrali di un caseggiato che con grande probabilità ospitava il re Borbone nelle sue battute di caccia a Solchiaro. La fantasia popolare ha visto nella struttura muraria un quadrangolo con un lato aperto, associato, per la forma, alle rappresentazioni delle tavolate dei sovrani medievali, che erano soliti sedere al centro di un desco a 3 lati, ancora usato in molti matrimoni (fonte Ponzaracconta). Quando io ero bambina, negli anni 80’, questo bellissimo posto era sommerso di immondizia dello scarico comunale, per fortuna chiuso successivamente. “Sott a Clonn”, “sotto la colonna” è una parte che si trova quasi a inizio percorso dalla tavola del re per raggiungere la Chiaiolella. Si chiama così perché sulla roccia c’è una colonna fatta di mattoni grezzi rettangolari. “A Chiaiozz” è una baietta che si trova all’inizio della punta (alla fine di questo nostro percorso immaginario), praticamente prima di svoltare a destra nel porto della Chiaiolella.

La Controra****: nell’Italia meridionale, la controra è il periodo delle prime, caldissime ore di pomeriggio in estatate. Per proteggersi dal caldo ci si ritira al fresco, in casa. A Procida, “A Cntror” si personifica in strega, per far addormentare i bambini: “ruorm ca mo ven a Cntror”. È uno stratagemma che ha sempre funzionato. Mia nonna paterna a volte si travestiva scherzosamente da Controra, per render più verosimile la presenza della strega. Su Wikipedia ci sono anche altri riferimenti alla mitologia e al folklore legati a questa figura. 

Ru pettin e u lezzrrin*****: del pesce donzella pavonina (u pettin, Thalassoma pavo) e del pesce donzella o carabiniere (u lezzrrin, Coris julis) chiamato anche Pint ‘o re in dialetto ventotenese (parlato da mia nonna materna). 

Ra pittarozz o ra vavos******: del tordo pavone (a pittarozz, Symphodus tinca) o della bavosa sanguigna (a vavos, Parablennius sanguinolentus). In procidano esiste anche un’espressione che vede le pittarozze come protagoniste “r pittarozz s fottn d’esc”, letteralmente, i tordi pavoni rubano le esche: un pesce piccolo frega a piccoli morsi l’esca a un pesce grande, senza però lasciarsi pescare. Si usa, ad esempio, quando i bambini riescono a fare meglio una cosa rispetto ai grandi, mostrandosi più esperti, oppure quando rubano l’ultimo boccone nel piatto di un adulto. Si usa anche quando qualcuno gerarchicamente o convenzionalmente meno potente di qualcun’altro si mostra più scaltro o esperto in una situazione. Ringrazio mio zio che mi ha aiutata a ricordare gli esempi di alcune situazioni in cui si usa questa espressione.

R cozzc e patedd*******: di cozze e patelle.

Rancetieddi********: granchietti

Ciucc a mar”*********: “asino in mare. Era l’espressione pronunciata per dire che non c’erano più persone da chiamare per tuffarsi in acqua dallo scoglio. “A chiammat” è un gioco in cui ogni partecipante si tuffa a turno, scegliendo e gridando il nome della persona che deve buttarsi in acqua dopo di lei/lui.

“E’ pummarol aumentan e o ciucc s stanc ‘ncopp a sagliuta”**********: i pomodori aumentano e l’asino si stanca sulla salita. Espressione pronunciata dall’”indovino” don Gaetano consultato da Salvatore e dalla figlia di Bellavista, nella scena in cui l’uomo doveva pronunciare un aneddoto da cui estrapolare numeri da giocare al lotto. La scena può essere guardata per intero qui.

Carretta ‘ngopp a sagghiut r Cioff************: la carretta sulla salita di Cioffi. Cioffi è il cognome di una famiglia che da diverse generazioni abita sulla discesa che porta alla casa dove abitava mia nonna materna e dove ora abitano i miei zii. Per andare verso il centro del paese, la si percorre quindi in salita. Casa Cioffi si trova vicino alla fermata della Linea due. Subito dopo la salita, c’è una discesa e una curva, dietro la quale spariva il ciuccio. 

Pummarol, cucuzziedd, ciur r cucuzziedd, puparuliedd*************: pomodori, zucchine, fiori di zucchine, peperoncini verdi.

Tutt r criatur**************: tutti i bambini.

C putev ascì pur nu bellu pulptiedd***************: ci poteva scappare anche un bel polpetto. Durante la raccolta di cozze e patelle, poteva capitare di pescare un piccolo (talvolta anche grande) polpo.

 Fucurine, n’copp****************: fucurin, fichi d’India. N’copp: sopra.

Ca i scuogghie r Procid, nn fann patedd****************: Che gli scogli di Procida non fanno patelle. “E’ scuogghie ca nn fa patedd” è anche un’espressione non solo procidana, ma comune anche ad altri luoghi di mare nella zona, per definire una persona arida, avara sia materialmente che moralmente (come si può confermare anche su PonzaCalafeci)

Vi manget mo, po’ scurdetavill e aspettet nent quatt enn p vi mangià nanta vont******************: li mangiate adesso, poi dimenticateli e aspettate altri quattro anni per mangarveli di nuovo.

N.B: Come riferito a inizio post, consiglio di informarsi sulla raccolta di patelle nella propria regione. Per farsi un’idea, è utile consultare articoli come questo.

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