ricca insalata di mare amma cucenà

La cucina, una passione anche da trasmettere. Due chiacchiere con Bruno Gargiulo, cuoc@ nostrom@ di novembre

Con Bruno prosegue l’appuntamento mensile della rubrica Cuoc@ Nostrom@. Lo ringrazio molto per aver accettato di raccontarmi il suo percorso tra i ristoranti di Procida, Ischia e altri posti in Italia.

Cucenellista: Quando hai deciso di fare della cucenella il tuo mestiere? Tu hai fatto la scuola alberghiera, quindi immagino questa scelta sia maturata abbastanza presto. Puoi descrivere un po’ il tuo percorso?

Bruno: Il mio percorso pre- o tutto il percorso… ?

C: Un po’ tutto il percorso, insomma, com’è maturata la decisione, gli studi…

B: Diciamo che fortunatamente all’età di 12 anni sapevo già cosa volevo fare da grande. Questa è stata una grande fortuna, perché mi ha permesso di cominciare presto, di non sbagliare la scuola e quindi di partire in modo diretto.

Ho frequentato l’alberghiero a Ischia e contemporaneamente ho lavorato fino all’età di 18 anni al Gorgonia, a Procida. Finiti gli studi, ho deciso di andare via dall’isola perché mi rendevo conto, diciamo, che la mano era un’unica mano e una mano anche abbastanza casalinga, quindi c’era bisogno di apprendere da persone, insomma, che facessero questo lavoro meglio sicuramente di come lo facevamo noi sull’isola di Procida. Quindi, sono stato due anni e mezzo in giro: ho fatto tre estati a Ischia, due inverni a Torino, un’estate sull’Isola D’Elba, praticamente senza mai toccare casa. Poi, dopo, sono rientrato a Procida e piano piano ho fatto delle esperienze un po’ più importanti: uno stage in un ristorante stellato e un’esperienza estiva in un albergo 5 stelle-lusso a Ischia. La cosa fondamentale di questo percorso è stata trovare maestri molto validi che ci hanno messo tutta la loro passione per trasmettermi questo mestiere. 

C: C’è stata una figura che nell’infanzia ha ispirato questa tua scelta?

B: Sicuramente vedere parte della mia famiglia, diciamo dei parenti di mamma da Ischia, che lavoravano in questo settore mi incuriosiva. Ma ero lontano anni luce dal vederlo nel concreto, perché erano tutti quanti di Ischia e io ero qua a Procida.

C: Quindi magari li vedevi all’opera più nelle ricorrenze tipo Natale, Pasqua…

B: Esatto, esatto. Però no, non c’era una figura di riferimento..

C: Secondo te come deve essere lo chef ideale? Quali caratteristiche deve avere?

B: Lo chef ideale… Io dico sempre che cucinare è la cosa per me più semplice del mondo. Tutto il resto del lavoro della cucina è complicato. Per prima cosa devi essere uno psicologo, quando hai a che fare con moltissimi dipendenti o con moltissimi ragazzi che sono parte della tua squadra, devi capire come farli rendere di più. Ci sono quelli più sensibili, quelli che hanno bisogno di un vaffa ogni tanto, ma bisogna farli produrre e fargli sentire di far parte di un gruppo e questa è una caratteristica abbastanza innata da parte mia, diciamo così.

C: L’espressione “Amma cucenà” a cosa ti fa pensare?

B: “Amma cucenà” mi fa pensare a una cosa fatta all’ultimo momento… “C’amma cucenà”*?

C: Quindi ti evoca più la domanda…

B: La solita domanda anche di domenica a casa “c’amma cucenà?”

C: La cosa che ti piace di più cucinare?

B: Mi piace fare tutto, dagli antipasti ai dolci. Sicuramente, sull’isola dove abito, è da poco tempo che la cucina si può spingere oltre con l’identità di alcuni piatti. Fino a poco tempo fa bisognava rimanere sempre sul classico. Però io adoro preparare gli antipasti e i dolci, antipasti soprattutto con i crudi di pesce della nostra isola.

Crudo di pesce – Piatto preparato e fotografato da @Bruno Gargiulo

C: Ho capito. Se tu dovessi citare un tuo piatto forte il primo che ti viene in mente qual è?

B: Più che dirti un piatto forte ti dico quello che mangerei… Perché sono tanti… un crudo di pesce lo mangerei sempre volentieri. 

C: Immagina le 4 stagioni procidane in 4 ingredienti: quali sarebbero e perché?

B: L’estate è sicuramente rappresentata dal riccio di mare per quanto mi riguarda, perché sono un appassionato non tanto nel proporlo nella ristorazione, ma proprio nell’atto di farli e di mangiarli. Questo per quanto riguarda l’estate. Sicuramente le fave e le cappucce** contraddistinguono il periodo primaverile e richiamano molto i piatti della nostra tradizione isolana. Per l’inverno ovviamente mi vengono in mente i piatti del Natale, come il baccalà, come il cavolfiore, come i friarielli anche, che sono del mese di gennaio. I friarielli tra l’altro hanno la caratteristica di sposarsi molto bene con tutta la roba di mare, soprattutto con tutti i crostacei che sono tendenzialmente dolci. Per quanto riguarda il periodo che segue l’estate, più che altro mi vengono in mente dei frutti, come i cachi, i fichi tardivi che sono parte anche della nostra infanzia  

C: Procida in cucina secondo te è più terra o mare?

B: Nella cucina è sicuramente più mare. Anche perché per “terra” dovremmo intendere anche la carne di cui abbiamo poca conoscenza sull’isola. Anche se comunque la nostra tradizione contadina, diciamo da parte dei nostri avi, si è mantenuta nel tempo. Poi nel tempo siamo riusciti a fare anche molti piatti tra terra e mare.

Un esempio di piatto terra-mare, la pasta e patate con i totani – Piatto cucinato e fotografato da @Bruno Gargiulo

C: Qual è il tuo piatto preferito e chi lo cucina meglio?

B: Eh, qua ci devo pensare… Diciamo che il mio piatto preferito è sicuramente lo spaghetto con i ricci, non fatto mangiato in casa, ma paradossalmente chi me lo ha fatto mangiare meglio non fa lo chef di mestiere.

C: Un’espressione procidana alla quale sei affezionato, in generale, o la prima che ti viene in mente? Non necessariamente legata alla cucina…

B: Sicuramente “Nun’è né a zapp e né a cocozz, è a semment ca n’è d razz”***…

C: Se dovessi darne una traduzione, quale sarebbe?

B: Tradurrei quest’espressione partendo dal fatto che, quando c’è un problema o qualcuno non riesce a fare qualcosa, è inutile prendersela con gli strumenti a disposizione. “A semment nun è d razz” si intende dire che non hai quelle caratteristiche necessarie per fare quella determinata cosa.

C: L’espressione procidana che maggiormente usi in cucina?

B: Una delle espressioni che dico ai miei ragazzi è anche un po’ volgare, ma si riporta fedelmente in tutti gli ambienti di cucina. E quindi non te la dico…. Te ne dico un’altra [ride]… Diciamo che in cucina c’è sempre molta adrenalina, si spinge sempre sul “fare presto”…”Muovt”, “Fa ampress”**** sono sicuramente le parole che si usano di più.

C: Il nome di un ingrediente che conosci in procidano ma che hai difficoltà a ritrovare subito in italiano?

B: Capita spesso con i pesci, di cui conosciamo il nome in procidano che poi nel resto d’Italia, guardando su altri testi, viene completamente stravolto.

C: Un esempio? 

B: Un esempio potrebbe essere la cicarella che viene chiamata pannocchia, cicala di mare…. Quello noi sappiamo cos’è. Ma anche per esempio i pesci della famiglia del tonno… La musdea non sappiamo se è in italiano…le perchie…. Ci sono molte cose che poi non sappiamo realmente come vengono definite in italiano.

C: Tu hai avuto anche l’opportunità di essere co-gestore di un ristorante. Cosa ti ha lasciato quest’esperienza? Quali insegnamenti hai potuto trarne?

B: Sono stato gestore di un ristorante per 7 anni insieme al mio socio Pio ed è stata sicuramente un’esperienza bellissima, formativa. Abbiamo cercato di creare innanzitutto un gruppo lavorativo, oltre a puntare tutto sulla qualità. Mi è rimasta un’esperienza fantastica, perché in questi 7 anni abbiamo costruito tanto e siamo riusciti anche a divertirci insieme al di là del lavoro.

C: Un consiglio a chi vuole fare della cucina il proprio mestiere?

B: Io chiedo sempre ai ragazzi se ci abbiano pensato bene, perché oggi fare questo lavoro è diventato anche faticoso, non solo fisicamente. Perché bisogna rinunciare a tutti i sabati, a tutte le domeniche, a tutti i sabati sera.. bisogna rinunciare a tutte le festività. Lavorare al caldo, a temperature alte quando tutti gli altri si stanno divertendo, quando è estate, quando gli altri vanno al mare. Quindi la prima cosa che chiedo è se ci hanno pensato bene. Se poi ci hanno pensato veramente bene e fanno di questo lavoro la loro passione, sono sempre il primo a cercare di trasmettere tutto quello che ho da dare. Penso che se non riuscissi a trasmettere quello che ho ai ragazzi che lavorano con me, sarebbe un fallimento. Devo trasmettere un po’ della mia passione ai ragazzi in cucina con me.

C: Oggi dove si possono assaggiare i tuoi piatti?

B: Quest’anno ho lavorato da Girone, ma in questo momento sono già in ferie, per cui solo se “facimm na cucenedd” potete assaggiare i miei piatti [ride].

C: La tua colonna sonora preferita per una cucenedd? Una canzone:

B: Adoro la musica che ti permette anche di conversare.. Magari del genere della bossa nova per intenderci… Molto musicale e molto lenta, che ti permette di comunicare anche quando stai cenando con gli amici.

C: Un pezzo che ti viene in mente? 

B: Un pezzo che adoro è sicuramente Shimbalaie di Maria Gadù.

Intervista realizzata in videochiamata Lille-Procida il 18 ottobre 2020

Foto di copertina: ricca insalata di mare – Piatto cucinato e fotografato da @Bruno Gargiulo.

“C’amma cucenà”*?

Cappucce**: i cavoli cappuccio

“Nun’è né a zapp e né a cocozz, è a semment ca n’è d razz”***: letteralmente “non è né la zappa e né la zucca, ma è il seme che non è di razza.

”Muovt”, “Fa ampress”****: Sbrigati, fai presto.

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