conserve di pomodori amma cucenà

Le conserve di pomodori, l’imperativo categorico di agosto

L’estate, soprattutto nel sud Italia, è sinonimo di pomodori e i pomodori si usano per fare bruschette, ‘nzalatedd, fresedd, salzuledd*e poi se si insiste a innaffiare le piante e le piante resistono alla bafagna** di agosto, inizia a sorgere, per lo più in modo corale, un imperativo categorico, rinnovato di anno in anno, ma anche dal sapore antico: amma fa r butteglie r pummarol***.  

È un rito estivo delle prime luci dell’alba, da compiere soprattutto col fresco. U gall cant matin**** quando si fanno le butteglie di pummarol.

alba a solchiaro ammacucenà
Alba a Solchiaro, momento in cui ci si sveglia per preparare le conserve di pomodori – Foto by @cucenellista.

Ci si sveglia col materiale, i pomodori e i contenitori lavati e preparati il giorno prima e ci si mette panz e pensier***** con l’obiettivo del giorno: cuocere le butteglie nel fusto o nella callara******, farle raffreddare e sistemarle nella dispensa, o in cantina in versione passata o a pacche (in filetti).

Negli ultimi anni, per questioni di praticità, a casa a Solchiaro facciamo i buccacc******* – e non bottiglie – r pummarol, ma solo la versione a pacche. E per ogni pacca di pummarola tagliata e messa nel barattolo di vetro, si improfumano e si spuneano******** le mani, e l’odore e quelle rughe provvisorie da vicchiaredd riportano indietro nel tempo, in mezzo al cortile di mia nonna paterna e zia Sceriffo. 

foto famiglia procidana archivio ammacucenà
Foto di fine anni ’60 dell’archivio di famiglia, in cui si vede ‘u curtigghie’ della casa mia nonna paterna a Solchiaro, dove si preparavano le bottiglie di pomodori. La sua casa era a piano terra. Continuando sempre dritto, leggermente a sinistra delle scale, si arrivava “sott a r’ ciercul“. Girando a destra delle scale, invece, c’erano “là adderet” e “sott o suppuort“.

Tutta la famiglia, dico tutta, era chiamata all’appello. S ignev nu curtigghie********* quando c’erano da fare le conserve di pomodori.

R butteglie r pummarol erano il pretesto di riunione dell’anno, più delle feste di Natale, molto atteso soprattutto da noi bambini. Eh sì, perché anche noi potevamo prendere parte alla preparazione della pruvist pa’ vernat**********. Si spartivano responsabilità e qualche butteglia con tutti i partecipanti.

Là adderet, sotto o suppuort, sott a r ciercul…*********** I nomi dei posti intorno a quel cortile, durante le butteglie r pummarol acquistavano nuovo fascino. U curtigghie era la scena centrale dove tutti, in modo corale, avevano un compito ben preciso: chi mettev r pummarol rent a r butteglie, chi r passav cu a machinett, chi ignev r butteglie cu cuppin e cu mutidd, chi r’attappav cu n’anta machinett************. Là adderet si lavavano le bottiglie vuote, da sott a r ciercul provenivano alcuni pomodori del raccolto, sott o suppuort era il posto da cui uscivano i più sofisticati utensili e machinette: i mutidd, i tappabottiglie, i macinapomodori elettrici. 

Noi bambini eravamo particolarmente attirati dal macinapomodori elettrico, “la macchinetta che fa la cacca”, la chiamavamo. Si selezionavano r pummarol cchiù modd************* da cuocere prima di passarle. R pummarol cchiù tost**************, invece, erano utilizzate per la preparazione a filetto (a pacche). 

Procedura per preparare la passata di pomodoro, con il macinapomodori elettrico

La pelle dei pomodori – quella era “la cacca” per noi – usciva da un canaletto, mentre una cascata di sugo sgorgava da un’altra parte del congegno per tuffarsi in una bacinella riempita fino all’orlo. La “prima cacca”, ovvero, le prime peddecchie r pummarole venivano passate e ripassate nel macinapomodori varie volte, per estrarre un massimo di salsa possibile. Non si buttava via nulla e le ultimissime pelli venivano poi mischiate al paston ‘p r vaddin***************.

Noi bambini volevamo provare a ricoprire tutti i ruoli: riempire le bottiglie con i pezzi di pomodoro, usare il tappabottiglie o il macinapomodori, aiutare a estrarre le bottiglie dal fusto una volta pronte e raffreddate. Ricordo solo che per me il tappabottiglie era troppo duro. I tappi utilizzati a quei tempi – anni ‘80 – erano quelli delle bottiglie di birra o della coca-cola in vetro. Mia madre e una zia mi hanno invece raccontato di tappi di sughero per le bottiglie ai loro tempi. Esisteva una macchinetta di legno difficile da usare, perché necessitava precisione. Mia madre dice che quando si preparavano le conserve di pomodori a Ventotene, l’unico esperto del funzionamento di questa macchinetta era suo nonno materno. A Procida, a Solchiaro, invece, mia zia ricorda sua madre come unica addetta alla certosina chiusura delle conserve. Una volta tappate le bottiglie col sughero, bisognava legare il tappo alle estremità con uno spago.

Una cosa importante: quando si facevano le bottiglie, c’era anche la selezione dei semi destinati alla produzione dell’anno seguente. Dai pomodori più belli si prelevavano i semmient, che poi, lavati e asciugati al sole diventavano a semment per la nuova stagione (si conservavano quindi fino a febbraio).

pomodori di solchiaro - amma cucenà
Pomodori e basilico dell’orto di Solchiaro freschi di raccolta – Foto by @cucenellista.

A marz-april, r pummarol avevn sta ‘nterr****************. Siccome mia nonna paterna non gradiva la presenza di semi neanche nel sugo, li intercettava in modo veloce ed era lei l’addetta al setaccio e alla conservazione ‘ri semmient.

Durante la preparazione delle conserve di pomodori, quando si avvicinava ora di pranzo, noi bambini venivamo mandati sulla salita delle Centane, a comprare i panini nella salumeria da Franca (che non esiste più da anni).

Ma vediamo come preparare le bottiglie o buccacci di pomodori nella versione a pacche, quella che continuiamo a fare tenacemente a Solchiaro.

Procedimento e soprattutto cottura per la conservazione

Innanzitutto raccogliere e selezionare i pomodori: mettere da parte, ad esempio, r pummarol cu a zedd*****************. “A zedd” andrà tagliata e aggiunta al “pastone p r vaddin” o buttata nell’umido.

pomodoro con la punta nera amma cucena
Ecco una pummarol cu a zedd. Vedere la spiegazione in nota. A zedd, in genere, si verifica per mancanza d’acqua (seccarecc) o di calcio – Foto by @cucenellista

Lavarli e lasciarli asciugare, preferibilmente il giorno prima della preparazione delle conserve. Lavare anche i barattoli di vetro e sciacquarli per bene. In ogni barattolo, mettere i pomodori tagliati a spicchi (a pacche) e qualche fogliolina di basilico. Per favorire la compattezza del contenuto del barattolo (o della bottiglia), sbatterlo ogni tanto delicatamente su uno straccio.

Barattolo quasi completamente riempito, da sbattere leggeremente sullo straccio sottostante per fare spazio ad altri pomodori – Foto by @cucenellista

Una volta riempito fino all’orlo, tappare in modo stretto il barattolo.

Per la cottura, prendere u trebbt****************** e disporlo in una zona dell’orto pianeggiante e senza erbacce secche intorno. Mettere a callar ‘ncopp o trebbt. A questo punto, disporre della paglia sul fondo della callara e adagiarvi i barattoli di vetro pieni di pomodori. Praticamente i buccacc nun s’anna tuzzà d’un cu dd’ent*******************. Ricoprire il tutto con acqua e altra paglia e coprire la callara con un coperchio. Chi non abita in campagna, può cuocere le bottiglie sul gas e al posto della paglia si possono usare i fogli di giornale.

Scena del film Così parlò Bellavista in cui la signora Maria spiega l’incarto delle bottiglie: “col settimanale Grazia le bottiglie si schiattano, con Il Mattino no”.

Ma torniamo alla procedura di campagna. È giunto il momento di accendere il fuoco sotto alla callara. Ns’adda fa u fugarazz, r pummarol s’anna coc bell sòr sòr********************.

Quann a callar schiopp a bbudd*********************, si deve contare un’ora prima di spegnere il fuoco. Si lascia raffreddare l’acqua della callara tutta la notte.

cottura
Sequenza di foto illustrative della cottura dei barattoli di pomodori nella callara appoggiata sul trebbt (con supervisione del cane Billy) – Foto by @cucenellista

Il giorno dopo, si toglie progressivamente l’acqua dalla callara e s sarpn i buccacc*********************. Momento di suspense…. Si prelevano i barattoli delicatamente sperando di trovarli tutti intatti. Ogni singolo barattolo viene asciugato con uno straccio e conservato in dispensa o in un luogo fresco e asciutto. Con la dispensa piena di conserve di pomodori si può affrontare anche il più rigido degli inverni.

Colonna sonora (soprattutto nella sua prima parte) scelta per le conserve di pomodoro, preferita alle varie “Ma tu vuilv a pizz cu a pummarola ‘ncopp” e “Viva la pappa col pomodoro“. Si tratta di un canto d’amore (ritrovato a Mondragone) nato dalla tipica forma della villanella, composto da due parti : una “villanella” e una tarantella dalla forma metrica tradizionale della filastrocca.
Entrambe le parti mantengono sempre lo stesso modello armonico. Ho scelto questo canto perché mi viene sempre in mente quando ci si deve alzare presto, soprattutto per lavori nell’ (e dell’) orto.

‘nzalatedd, fresedd, salzuledd*: insalatina, fresella, salsetta.

bafagna**: afa.

amma fa r butteglie r pummarol***: dobbiamo fare le bottiglie (conserve) di pomodori.

U gall cant matin****: letteralmente “il gallo canta mattina”, bisogna alzarsi presto.

panz e pensier*****: letteralmente “pancia e pensiero”. Espressione usata per definire il fatto di concentrarsi completamente (potremmo dire, “con il corpo e con la mente”) su un obiettivo o su qualcosa in generale.

callara******: in procidano, potrebbe corrispondere a “calderone”, in ogni caso, pentola di grandi dimensioni (più di un pentolone).

buccacc*******: barattolo di vetro.

spuneano********: spugnano.

S ignev nu curtigghie*********: si riempiva il cortile (letteralmente “si riempiva un cortile”, ma in questo caso l’indeterminativo procidano andrebbe sostituito col determinativo in italiano).

pruvist pa’ vernat**********: provviste per l’inverno.

Là adderet, sotto o suppuort, sott a r ciercul…***********: “Là dietro”, “sotto il portico” (che in realtà era una sorta di galleria/grotta antistante la cantina. “Sotto le querce”, si trattava di un pezzo di terreno attraversato da un sentiero costeggiato di querce.

chi mettev r pummarol rent a r butteglie, chi r passav cu a machinett, chi ignev r butteglie cu cuppin e cu mutidd, chi r’attappav cu n’anta machinett************: chi metteva i pomodori nelle bottiglie, chi li passava con un utensile elettrico, chi riempiva le bottiglie con mestoli e imbuti, chi le tappava con un altro utensile.

cchiù modd*************: più molli.

R pummarol cchiù tost**************: più dure.

paston ‘p r vaddin***************: miscuglio di avanzi da dare in pasto alle galline, che in genere ha come base il pane raffermo, a cui vengono aggiunti anche pelli di pomodoro, bucce di frutta, scarti di insalata. Il tutto è sempre molto apprezzato dai pennuti del pollaio.

A marz-april, r pummarol avevn sta ‘nterr****************: a marzo-aprile, i pomodori dovevano essere piantati.

r pummarol cu a zedd*****************: pomodori con marciume apicale. “A zedd” è la macchia nera. Per la differenza di colore col resto del pomodoro, viene definita in procidano “zedda“. È come se avvenisse una sorta di personificazione del pomodoro, associato alla testa di qualcuno con la “zedda“. In tal caso, la “zedda” è lo spazio senza capelli sulla testa di qualcuno. Per approfondimenti, consultare l’etimologia della parola napoletana “zellaqui.

u trebbt******************: il treppiede piedistallo per la callara o il fusto.

buccacc nun s’anna tuzzà d’un cu dd’ent*******************: I barattoli di vetro non devono toccarsi (più nel senso di “scontrarsi”) gli uni con gli altri.

Ns’adda fa u fugarazz, r pummarol s’anna coc bell sòr sòr********************: non si deve accendere un grande fuoco, i pomodori si devono cuocere lentamente.

a callar schiopp a bbudd*********************: quando l’acqua del calderone inizia a bollire.

s sarpn i buccacc*********************: si tirano su i barattoli di vetro. Una curiosità: “sarpare”, secondo il vocabolario Treccani, è la versione arcaica del verbo “salpare”, nell’accezione di tirare su l’ancora dal fondo del mare. È probabile che “sarpare” nel senso in cui viene usato in procidano (recuperare, tirare su qualcosa dal fondo di un recipiente) abbia origine proprio dall’ancora da tirare fuori dal fondo del mare.

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